giovedì 2 ottobre 2014

Il maestro di politica e il maestro di giornalettismo

Vediamo una tipica fallacia (tanto per cambiare) in una delle sue possibili forme.

È “il solito” Massimo Mazza, in arte Mazzetta, che ci ha già regalato perle di saggezza come quella su come si dovrebbe autotradurre Riotta o interventi di approfondimento giornalistico sulla Pimental, e qualche altra cosuccia1.

Premetto che non so chi sia il soggetto di «Spacciano» e non so chi sia Gianfranco Pasquino: è assolutamente irrilevante.

L'errore balza all'occhio e quindi scrivo che sostenere che una alta percentuale avrebbe confermato che Pasquino è un “maestro di politica” è una fallacia, esattamente come dire che quel misero 2% possa dare la risposta definitiva all'interrogativo “Pasquino è o no un maestro di politica?

Quello di Mazzetta non è altro che l'argumentum ad populum2. E lo ribadisce, sordo ad ogni obiezione.

Possiamo ricavare da questa affermazione la definizione di «maestro di politica» (secondo Mazza)? Mi sembra proprio di sì, per cui lo scrivo:

quindi un "maestro di politica" è colui che si candida,prende l'“80%” e prende la leadership? è una definizione,allora.

Dove per brevità ho scritto “80%” bisogna leggere “una percentuale abbastanza alta da far pensare che la maggior parte degli elettori è d'accordo sul fatto che Pasquino sia una persona meritevole”.

Quindi a determinare chi è un «maestro di politica» è la vox populi, misurata dalla percentuale. Dopo l'acclamazione della vox populi, bisogna impugnare lo scettro della leadership ed essere presenti. Se invece si disattendono queste aspettative (tutte o basta una sola?), non si è più un «maestro di politica»3.

Se questa è la definizione…

Ma accade una cosa strana, che va ben oltre i limiti di twitter come mezzo tecnico di comunicazione e le comuni fallacie.

«Quindi questo lo hai detto tu». Nel senso letterale, sì: l'ho scritto io. Ma è ovvio che è quanto si ricava dalle sue affermazioni. Non è in grado di capirlo davvero, o ci sta marciando?

Non dovrebbe essere troppo difficile nemmeno capire il senso della domanda: questo è quello che stai dicendo tu, Massimo Mazza; confermi, ho capito bene? Quanto è assurdo chiedere se le proprie deduzioni sono corrette? Se ho capito bene, allora lo stesso tweet iniziale è una definizione4. E se questa è la definizione di «maestro politico», allora il tuo tweet è vuoto.

Provo a spiegare, nei limiti dei caratteri del nido e senza risparmiare l'effetto boomerang, che quanto scritto è ciò che si può ricavare dai suoi tweet.

questo è quello che può implicare il tuo assurdo tw,signor Mazza:esser maestri politici significa ottenere ben più del 2%.

E qual è la risposta? Ovviamente una sentenza (locutus sum: «è una cazzata»), priva di ogni sorta di spiegazione e motivazione, ma in compenso condita con un ad hominem. (Mi sorprendo? No, non è una novità e mi dà ulteriore conferma dello “spessore” del personaggio).

Ci ho pensato tutta la notte? Mi fa venire in mente aneddoti come questo. Questa ad hominem è fondata sull'osservazione della distanza temporale tra i tweet — è palesemente assurdo pensare che ci abbia riflettutto tutta la notte (è banale immaginare il motivo del “ritardo”), eppure serve allo scopo, secondo un pattern caratteristico, di sostenere la sentenza («è una cazzata») iniettando nel lettore l'immagine ridicola di me che sto sveglio la notte a lambiccarmi il cervello sul come “fregare” Massimo Mazza.

Parte il gioco dell'imitazione, o del calco, o dello specchio, o come volete chiamarlo — in questo caso con “aumentazione5. La tecnica dovrebbe far capire all'interlocutore che magari ciò di cui si è fatto il calco è a dir poco una affermazione problematica (e qui ho appena finito di spiegare che è un ad hominem e aggiungo che “allontana” dalla discussione sul tema, che in effetti Mazzetta non vuole “trattare” perché non ha altro da offrire che sentenze6).

senti,capisco che ci hai pensato da quando ti sei iscritto a twitter,ma è uno sragionamento.

La risposta potrebbe essere solo un disimpegno, senza senso ma neutro; tuttavia anche come tale rivela lo spessore dell'uomo Mazza.

Il tweet contenente la “logica” contestata non è di certo mio e non vedo quindi perché dovrebbe essere un mio “problema”. Un modo come un altro per dire “puoi scrivere quel che ti pare, non m'interessa”?

La mia risposta, che ribadisco e sottoscrivo:

ah,ecco come dovevo rispondere!Che ragionamenti fallaci informino le tue opinioni è un problema tuo,e di chi ti dà retta

Tutto questo scambio di cinguettii, anche fallacie a parte, lo trovo emblematico della decadenza intellettiva e culturale che affligge la nostra società. L'atteggiamento di questi soggetti7 è quello dell'Oracolo quando si annusano delle difficoltà a sostenere un'opinione, e del bullo quando è chiaro (soprattutto agli astanti8) che l'interlocutore non è all'altezza9 — con le variazioni e differenze dovute alle circostanze e agli specifici caratteri.

Per questi soggetti, ogni tentativo di argomentare e ragionare sui temi, se non è fatto per accrescere la loro grandeur o corroborare le loro tesi, è o una «arrampicata sugli specchi», o un «sofisma», o una «supercazzola», o il prodotto di una mente «plagiata» che leccherebbe anche la merda del plagiatore…

Queste persone vengon portate su un palmo di mano in certi ambienti… Avrò modo di elucubrare su ciò in altre circostanze (sempre che non muoia prima).


  1. Per esempio, lo sapevate che se un evento non si è verificato negli ultimi 20 anni, allora vuol dire che è sbagliato sostenere che possa accadere oggi?

  2. Mazzetta è ritenuto “un grande” dalla barbara Collevecchio che in tweet dice: «Bisognerebbe liberarsi dallo schema mentale per il quale quel che dice e fa la maggioranza è sempre giusto». Parole sagge, anche se non ci danno alcun indizio circa le analisi da fare per capire se ciò che ha detto o fatto la maggioranza è giusto o no, nel caso specifico. E qui si nasconde un possibile inganno, perché implicitamente ha in pratica affermato che, nella circostanza in cui il tweet è stato scritto, ciò che dice e fa la maggioranza è sbagliato. Essere d'accordo con la frase, in generale, non implica necessariamente essere d'accordo anche nel caso specifico, sul quale non è stato espresso alcun giudizio diretto. Eppure, psicologia docet, nel “flusso” del discorso l'approvazione per la frase sembrerà approvazione per la posizione presa dalla Collevecchio — che non so quale sia e non interessa né me né questo post: il meccanismo spiegato non dipende dal fatto che effettivamente la Collevecchio abbia “ragione” o meno. Ciò che sta “denunciando” la Collevecchio è proprio l'argomentum ad populum sul quale l'amico Massimo Mazza ha costruito il suo tweet-sentenza.

  3. Queste iperboliche definizioni di solito sono invenzioni dei giornalisti (o del marketing della propaganda): difficilmente una persona si autodefinisce «maestro di politica» — o «guru informatico», o «superesperto di comunicazione». Spesso sono giudizi dati da altri e, nel caso specifico, diffusi dai media o per creare un personaggio affascinante e credibile (per certi destinatari, dunque per fini propagandistici), o per ottenere un tonfo più sonoro nel momento in cui lo si getta a terra. Infatti non ci si sorprende più di tanto se un comune e volgare politico ottiene scarsi consensi, vaneggia di leadership e poi si dilegua (magari su suggerimento di qualche consigliere). Merita invece una menzione speciale quel maestro di politica che ha la sventura di fallire, poco importa che sia vittima della sua stessa propaganda o della contropropaganda, che non mancherà di sfruttare la situazione.

  4. Il percorso maieutico doveva arrivare a questo: se confermi che questa è la definizione, il tuo tweet iniziale è per costruzione vero; allora è vuoto, privo di valore informativo, perché non è possibile “provare” una affermazione usando “definizioni” (ad hoc) che sono già contenute nella stessa affermazione. È una tautologia: un po' come dire «Il cavallo bianco di Napoleone è bianco». La cosa potrebbe non essere palese per i lettori tipici di Mazza, ma i miei due o tre lettori dovrebbero aver compreso cosa intendevo dire — e se ci sono gravi cedimenti, non mancheranno di sicuro di farmelo notare. Ma il punto è che bisogna saperci arrivare a un certo livello di scambio dialettico; cosa che di sicuro non è possibile nel momento in cui si liquida tutto con un bel ad hominem

  5. Anche se non siamo di certo di fronte ad una bella melodia dialettica…

  6. Naturalmente ci si può sempre nascondere dietro alla scusa del tempo: mica ho tempo di mettermi a discutere con uno come te…, e forme simili. A parte l'offesa implicita, non è che sia una giustificazione onorevole: è la conferma che ciò che si scrive è gettato come osso ai cani, che non devono assolutamente permettersi di discutere sulla natura dell'osso, sulla sua forma e sulle sue dimensioni, sul suo gusto… Non sono spunti di riflessione, bensì conclusioni (senza sfumature) «pre-digerite» e che vanno accettate acriticamente…

  7. Mazza è parte di una cricca (non necessariamente di elementi consapevolmente “aggregati”); alcuni membri sono i Wu Ming, Giuliano Santoro, Barbara Collevecchio, Quit the Doner… Assurti “inspiegabilmente” e artificialmente a “esperti” interpreti privilegiati della realtà politica, sociale ed economica.

  8. È questione di apparenza: chi sembra aver ragione? (Non ha senso, di solito, porla in questi termini, a meno che non si sta parlando di matematica e scienza nota — ma l'approccio è invece sempre questo: c'è una parte che deve avere maledettamente ragione, e un'altra che deve avere torto marcio. Questo perché la maggior parte delle persone ha difficoltà a “gestire” le ambiguità, le contraddizioni e la sospensione del giudizio e vuole dunque delle risposte certe, secche, senza mezzi termini, senza se, senza ma…). Dunque, se sembra che io stia “vincendo”, allora posso perseverare ed eventualmente infierire, anche fingendo misericordia — un classico è «dai ragazzi, lasciatelo perdere» (detto ai gregari cinguettatori che magari si stanno “divertendo”). Se mi sembra che l'impressione che do ai miei gregari non è quella del “vincente” e temo l'insinuarsi dei dubbi o di farci una “brutta figura”, è bene sviare, introdurre ad hominem, “buttarla in caciara” — tutto, purché si distolga l'attenzione del tema dibattuto. (Un esempio capitatomi è quello narrato nell'ornitoteca Abbaia a comando, di cui ancora devo scrivere il seguito, che ha per protagonisti lo stuolo di bulletti piuacchisti).

  9. O magari lo è ma sta sostenendo le tesi con ragionamenti fuori dalla portata o dell'intervallo di attenzione della maggior parte degli astanti, che quindi tenderanno a starsene in disparte, o ridicolizzare ciò che non riescono a capire (o che non hanno nemmeno letto…), e prenderanno comunque le difese del loro alfa per partito preso, per pregiudizio, e non certo perché hanno seguito o compreso l'evolversi degli scambi di battute o hanno elaborato un loro proprio giudizio.

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