domenica 5 ottobre 2014

Qualcosa sui piuacchisti

Condivido in parte e parafraso un pensiero contro il piuacchismo, sul quale tornerò mostrando un giorno il seguito di Abbaia a comando.

Non sono tanto diversi dai «porci nazisti», volendo usare lo stesso linguaggio e la stessa tecnica in voga in certi ambienti1. Ci sono almeno un paio di differenze:

  • i nazisti usavano la stella di Davide per marchiare gli Ebrei mentre i piuacchisti usano il +H e in generale l'intransigenza ortografica2 per dileggiare i “grillini”3;
  • i nazisti, con la violenza, imponevano agli Ebrei di portare al braccio il simbolo della “vergogna”, mentre i piuacchisti si mettono “al braccio” la loro svastica (il +H), per sottolineare la presunta appartenenza ad una “razza superiore”, ad una setta illuminata e colta.

Il resto del testo originale fa riferimento ad una circostanza particolare, che non conosco. Privato delle parolacce e delle invettive “volgari”, che magari sono comodi appigli per giustificare il giudizio «violento, cafone, volgare»4, si può così riscrivere:

mentre gli altri sono provocatori e agiscono forse al soldo di qualcuno o perché servi consapevoli o inconsapevoli di qualche interesse5, tu addirittura pretendi di aver intavolato un dialogo con persone alle quali, presentandoti, hai già “regalato” un'acca per dir loro che sono ignoranti…6

Un piuacchista di passaggio

Al piuacchista che è il casus belli di questa specie di ornitoteca non posso che dire di trovarmi d'accordo, nella sostanza, con quanto scritto dal “grillino” a suo dire «violento, cafone e volgare». Nel farlo, porto alla sua attenzione il caso dell'abbaiatore scatenato dall'ingegnere, che in piccola misura dà l'idea di quanto siano violenti, cafoni e stupidi coloro che si fanno promotori di questa insipida iniziativa (se vogliamo chiamarla così) “+H”. È solo la punta dell'iceberg, perché la “storia” è proseguita trasformandosi in una specie di episodio di bullismo7.

Comunque ecco la sua risposta:

Intanto, «non entro nella polemica» è una preterizione che introduce di fatto una polemica, magari non “diretta”, ma chiaramente sul tema.

Poi, non so cosa tu abbia letto e quale sia la tua definizione di “lamentele”, ma il link racconta una storia, se vogliamo dire così, in cui si mostra lo spessore intellettivo di un membro della tua cricca (tra l'altro credo che sia uno dei padri fondatori). Che non argomenti è un dato di fatto che mi premuro di far notare.

Visto che non credo che lamentarsi sia una colpa o un crimine, per me va pure bene che tu dica che mi sono lamentato. Ribadisco però che, a prescindere dalla descrizione del mio post come lamentela o meno, resta vero che non c'è un solo argomento portato da Tullo Ostilio: c'è solo il dileggio volto a screditare l'interlocutore e distrarre i lettori dagli argomenti.

Dunque, mi ripeto ancora, il post sottolinea un dato di fatto: fa delle constatazioni. Che sia “lamentoso” o meno non cambia di una virgola ciò, e non riguarda il contenuto del post ma è solo il mio personale atteggiamento (ovvero l'atteggiamento che tu percepisci) mentre racconto quell'episodio.

Veniamo alla tua seconda proposizione in cui asserisci che io abbia giustificato chi insulta. Ti riscrivo parte delle mie parole, senza tachigrafie:

un po' esagerato nel finale, ma per il resto non ha tutti i torti

Questa non è una giustificazione: riconosco che il “finale” (quando vieni invitato a infilare il “+H” «in culo a quella troiona di tua madre») è“un po'” esagerato; ma è anche vero che il resto ha perfettamente senso (l'ho riparafrasato all'inizio di questo post), cioè non ha tutti i torti — se non li ha tutti, magari qualcuno lo avrà… magari sono da cercare proprio in ciò che tu identifichi come “insulto” («fai più schifo degli altri», «sei merda più di loro», e infine il già citato invito).

Non è esattamente una giustificazione dei toni e dei modi: è solo che sono in secondo piano rispetto al contenuto vero e proprio del testo, che nella sostanza condivido.

Di sicuro chi si mette “+H” nel nome non godrà della mia stima. Chi lo fa già si è autoclassificato come una persona con certi atteggiamenti, con certe idee, con certe motivazioni e “sentimenti” — con una certa psicologia — che tipicamente lo portano a fare discorsi, esprimere opinioni e pensieri insidiosi, di sicuro non migliori di tantissimi discorsi infarciti di «sei una merda», «stronzo», «in culo a tua mamma» e altre espressioni idiomatiche colorite e volgari.

Del resto ci vuole poco a concludere «sei volgare» o «tu offendi» quando qualcuno ci dice «merda». È una tecnica facile della propaganda: quando qualcuno “alza i toni”, subito l'altro può fare la vittima, sottolineare, a beneficio del pubblico educato e sensibile, la violenza palese dell'avversario, la sua volgarità, la sua “cafonaggine”. Di solito è una sceneggiata il cui scopo è fare in modo che il pubblico prenda le distanze da chi ha osato “alzare i toni”, a prescindere dagli argomenti che questo ha espresso prima degli insulti.

Molto più difficile è far percepire allo stesso pubblico la violenza delle offese sottili, subdole, allusive, o nascoste da una sedicente e ricercata ironia8: hanno un appeal mediatico scarso, specie in paragone al “violento” che si palesa urlando «stronzo», che di sicuro è molto più notiziabile e buca lo schermo (reale o immaginario che sia). Anche fuori dai mass media e nel “piccolo” della Pigololandia (o di altri social) ci sono meccanismi simili.

Il piuacchismo è, di fatto, l'istituzionalizzazione di una forma sistematica, implicita e automatica di offesa9. Nasce, tra l'altro, da uno stereotipo, creato scientemente e alimentato costantemente sia da una generalizzazione indebita10, sia dalla ripetizione dello stereotipo stesso come verità oggettiva e comprovata11.

Ovviamente gli errori ortografici non alterano lo stato degli argomenti (è un abbaglio ritenere che l'applicazione corretta o meno delle regole ortografiche suggerisca qualcosa sul modo di ragionare di una persona12 o possa definire il giudizio sulle sue opinioni o sulle sue scelte).

Ora torniamo alla domanda, fingendo (e lo ripeto: fingendo) che effettivamente la mia sia una giustificazione degli insulti e che mi sia lamentato di chi non argomenta:

non c'è contraddizioni tra lamentarti con chi non argomenta e giustificare chi insulta?

La risposta è no.

Non c'è alcuna contraddizione.

È molto semplice: si può argomentare insultando — e in effetti è quello che fa laverita3. Cioè, si può infarcire un ragionamento di insulti, prima, dopo o durante. Ovvero, ancora, si possono dire cose sensate tra un insulto e l'altro, oppure insulti tra una cosa sensata e l'altra. In generale, osservazioni corrette possono essere formulate in modo offensivo più o meno esplicito.

È il caso di Tullo Ostilio? No: il cane (mi perdonino i cani, ingiustamente paragonati agli esseri umani) ha solo abbaiato e non ha articolato una parola che fosse una sul tema della diatriba con l'ingegnere. Quindi, se mi sono lamentato, è perché non c'era un solo argomento, non perché c'erano degli insulti in mezzo agli argomenti o perché fossero stati formulati dei pensieri interessanti ma in forma offensiva.

Che io debba spiegare la differenza tra i due casi è sorprendente, non trovi? (E sì, questo lo puoi intendere come un mezzo insulto, in un paragrafo scritto dopo un ragionamento…)

Ma poi, pensandoci “bene”, non c'è contraddizione tra lamentarsi di chi ti insulta, argomentando, e dichiarare la tua appartenenza alle squadre piuacchiste?

I piuacchisti, se hanno un po' di dignità e intelligenza, dovrebbero rinnegare la loro “fede”, togliere quel ridicolo “+H”, che tanto non li rende migliori come sembrano credere, e lasciare da parte la loro finta e strumentale difesa della lingua: che sappiate scrivere correttamente non dimostra affatto che sappiate anche formulare pensieri più complessi di quelli utili per fare la spesa o ripetere autonomamente i messaggi della propaganda. Quindi tranquilli, anche con il “+H” rimanete quel che siete, in media uguali a tanti altri, pure di “fazione politica” diversa.


  1. Un esempio preso da un tweet recente: «lo dico e lo ripeto: voi grillini nella maggior parte siete fascisti». Usando un linguaggio più colorito si può dire che la Collevecchio ha dato dei “porci fascisti” alla maggior parte dei “grillini”. Del resto approva anche un lavoro fumettistico di Alessio Spataro e Carlo Gubitosa (sul «tripartito che blocca il paese»; bah), in cui viene citata come sociopsicologa; dal titolo e dalle immagini d'esempio proposte e anche da altri fumetti di Spataro che mi era capitato già di vedere in passato, si “evince” il tipo di discorso che ha per chiave la rappresentazione in salsa nazista-fascista di Grillo, Casaleggio, dei vari eletti M5S e in generale del M5S: il nemico, incarnazione di tutti i mali (politici), deve essere rappresentato in modo grottesco e ridicolo, e la forma-fumetto è adatta a comunicare in modo semplice e accessibile a tutti l'idea (ripetuta fino alla nausea) di cui si vuole “impregnare” l'informazione. (Qualche indizio sullo spessore morale e culturale di Alessio Spataro, la sua acutezza politica e sociologica si trovano in questo interessantissimo post — tra l'altro descrive il suo lavoro propagandistico e “opinionistico” come «libro/vaccino» «contro il morbo a cinque stelle»). Fanno già parte dello stereotipo le idee di nazismo-fascismo, di analfabetismo (il piuacchismo è contemporaneamente prodotto e mezzo per rinforzare questa idea), dell'esistenza del culto del capo al quale i parlamentari obbediscono incondizionatamente (sono “marionette telecomandate”), di assolutismo-autoritarismo (non-democraticità interna ed esterna)…

  2. La “difesa della lingua”…

  3. Gli stessi bulli sono invece tolleranti nei confronti di simili errori quando a compierli non sono “grillini”. Da cui si conclude che l'amore per l'ortografia non c'entra niente.

  4. Cafone e volgare per via del turpiloquio? Si può evitare, ma è anche vero che volgarità e “cafonaggine”, trasversali ad ogni credo politico, possono nascondersi in forme più elaborate, sottili e insidiose. Ritengo che il giudizio si adatti bene a quasi tutti i piuacchisti che ho avuto modo di leggere. In particolare il fatto di fregiarsi del “+H” può essere considerato già un gesto assimilabile alla violenza (a quel tpo di violenza di cui si sta qui parlando), e ho avuto modo di sperimentare direttamente il bullismo di cui sono capaci questi soggetti.

  5. La tesi che i piuacchisti siano tali perché pagati mi sembra stiracchiata, in generale. Non c'è bisogno di postularlo per disprezzarli, comunque. (Anche se può benissimo essere vero che qualcuno di loro abbia interessi più concreti e materiali ad assumere certi comportamenti; ma in generale è difficile dirlo con certezza). D'altra parte però, come tutti, agendo in un certo modo costoro fanno gli interessi di un gruppo, inconsapevolmente o invece con intenzione, cioè consapevoli di essere partecipi di un gioco e di “tifare” per far vincere una certa squadra — la metafora è fastidiosa perché abusata anche per esprimere un giudizio (negativo) sulle prese di posizione… però rende bene l'idea.

  6. Ribadisco di essere all'oscuro della circostanza specifica e non ho perso tempo ad approfondirla, ma mi sembra la descrizione di una trama nota: è la storia iniziata con il mister di Abbaia a comando.

  7. Purtroppo non ho ancora avuto modo di mettere in ordine i tweet, sfoltirli, e buttare giù una ornitoteca minimamente leggibile. Il riassunto a braccio è questo: Tullio Ostilio, tanto per difendersi dalla descrizione fatta nell'ornitoteca già citata Abbaia a comando, mi getta addosso il marchio “infamante” di “grillino”. La discussione con l'ingegnere nasceva sulla questione €/no-€, cioè M5S e “grillismo” non c'entrano nulla (anche se qualcuno di loro ha la convinzione che chiunque sia no-€ sia anche “grillino”, cosa che è falsa, tanto che un no-€ noto anche a queste pagine è un fervente anti-grillino, tanto per fare un controesempio…). Ma l'orda dei piuacchisti è attratta dal sangue “grillino”, quindi Tullio Ostilio doveva descrivermi in questo modo affinché rientrassi nel loro stereotipo. Sono quindi apparsi “a ragione” i piuacchisti a dare man forte al loro capobranco.

  8. Oggi come oggi anche e forse soprattutto certa satira è usata solo per legittimare l'offesa “gratuita”.

  9. La matrice è élitista ma in realtà il virus del piuacchismo (o anche solo della “moda” di correggere l'interlocutore per sminuirlo) si è diffuso anche in substrati linguisticamente non raffinati. In compenso chi si sente parte della “setta” ci guadagna in autostima e senso di superiorità perché fa parte di quelli fichi, che non commettono mai errori ortografici… (Poi magari la logica traballa, però è meno importante: uno fa i discorsi per l'estetica della grafia, mica per “capire” o “analizzare” le cose…)

  10. Nella fattispecie possiamo così schematizzare la generalizzazione (è una fallacia): ci sono persone che commettono errori ortografici, alcuni di questi sono “grillini”, dunque tutti i “grillini” commettono errori ortografici. Cosa accade quando si nota un errore in qualcuno che notoriamente non è “grillino”? Si ignora. Mi è capitato di far notare a qualche «nazista della grammatica» degli errori proprio nello stesso contesto in cui stava bacchettando qualcuno sull'ortografia! Gli stormi di piuacchisti e cugini non li hanno aggrediti, anche se erano in ascolto… («Nazista della grammatica» è la traduzione di un'espressione inglese, grammar nazi, abbastanza usata in chat e forum quando entrano in scena persone che credono di stare ad un concorso di letteratura).

  11. La conoscenza aneddotica gioca un ruolo chiave. Se obietti che non tutti “grillini” commettono errori di ortografia (e che molti errori di ortografia sono commessi da “non-grillini”), sono capaci di mostrarti subito un esempio; oppure, peggio, di dirti che te ne possono mostrare «quanti ne vuoi»… Naturalmente queste persone non hanno compiuto alcuna statistica, né saprebbero dire se è significativo il campione sul quale la loro “statistica intuitiva” è basata (probabilmente nemmeno sanno che cosa significa “campione significativo”). Oltre alla conoscenza aneddotica, contribuiscono ad alimentare lo stereotipo anche le imitazioni e le caricature che vengono fatte.

  12. Sul legame tra uso corretto dei sistemi di scrittura, regole ortografiche e “ragionamenti” avevo in programma di scrivere un post… prima o poi…

2 commenti:

  1. Intanto ti ringrazio, nessuno era arrivato a preparare un intero post su di me.
    Visto che mi hai tanto onorato credo di essere in debito nei tuoi confronti e per questo dedico qualche minuto del mio tempo a puntualizzare un paio di cose.
    In “Ornitoteca/ Imparo dall'ingegnere”, tra le diverse cose che racconti mi sembra di individuare un passaggio interessante: “E allora, qual è l'accusa più comune e più grave e più emotivamente coinvolgente, oggi? Fascista! (Con tutte le sue varienti). Se riesci a convincere che qualcuno è fascista, o in odor di fascismo, o simpatizzante, o tale che si può mettere, anche tramite fantasiose analogie o analogie insignificanti, in relazione con il fascismo, hai vinto: parte del ceto medio-basso comincia, in ordine sparso, ad avere dubbi e timori di esclusione dalla società dei giusti e in definitiva inizia a prendere le distanze.” Se hai questo giusto pensiero nei confronti dell’accusa di fascismo non capisco se ti trovi d’accordo sul dare del nazista ha chi inserisce il +H al fianco del suo nome.
    In “Abbaia a comando (ovvero: cos'è un troll)” invece discorri di un problema ben diverso ma, anche a mio avviso, totalmente attuale nel mondo della rete. Se in una conversazione aspra, ma pacifica, si intromette qualcuno per insultare e sviare totalmente la conversazione, magari non rispondendo mai sul tema principale, questi è un troll? Se questo è un troll ti posso assicurare che @laverita3 ha utilizzato proprio questo comportamento. Parlavo con qualcuno di lavoro quando si è intromesso e senza minimamente entrare nel merito del discutere ha iniziato ad insultare.
    E veniamo alla questione che riguarda questo post nello specifico. Al mio tw su quello che per me era una “aggressione verbale ad opera di un grillino: violento, cafone e volgare” mi rispondi postandomi “Abbaia a comando (ovvero: cos'è un troll)” minimizzando con un semplice “1po'esagerato nel finale” (credo che tu ti riferissi alle parole rivolte a mia madre). Alcune considerazioni. La prima trovavo il tuo post interessante ma fuori tema rispetto alla “mia vicenda” e questo era uno dei motivi per il quale non entravo nella polemica da te iniziata. La seconda, molto più banale, non avevo ne il tempo ne la voglia di risalire ai post precedenti per poter avere un’idea compiuta di quello che era successo.
    Il resto del mio TW: ma non c'è contraddizioni tra lamentarti con chi non argomenta e giustificare chi insulta? Come scrivi tu, lamentarsi non ha per forza un’accezione negativa. Sia nella tua vicenda che nella mia il “troll” di turno non è mai entrato nella conversazione ne tantomeno argomentato nulla. A te hanno regalato un’H a me hanno dato della merda e del schifoso.
    Sulla giustificazione il pensiero è semplice: se ti limiti a dire che il finale è “un po’” esagerato, per me è una giustificazione (sulla parte del nazismo ne ho parlato sopra).
    Infine una considerazione su forma e sostanza. Trovare argomentazioni sensate su quello che scrive @laverita3 è difficile. Ma diamo per buona il paragone tra chi usa il +H e l’atteggiamento nazista, la domanda che pongo è semplice, non trovi “violento” il linguaggio usato da @laverita3? Non viene usato un metodo intimidatorio, lo stesso che viene accusato da chi mette un +H?
    Ultima considerazione sull’H. per me è una forma di sfottò che nella vita serve a prendere, e alle volte prendersi, in giro. Io così la utilizzo. Maestro in questo è l’autoproclamato capo politico del M5S che fa dello sfottò e della satira una chiara comunicazione politica (anche se alle volte, a mio avviso, esagera). Sono usati nello stesso modo il +H e l’ebetino, sfottere l’avversario politico, provando ad averne poca considerazione, siamo entrambi nazisti? Può darsi.

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  2. 1) Intanto, non sei il soggetto del post. I soggetti delle ornitoteche sono principalmente le parole e i ragionamenti (o in non-ragionamenti). Il "vettore" è, di solito, irrilevante; è questo il tuo caso.


    2) Le tue pseudo-obiezioni hanno già delle risposte nel post.

    Per esempio: «volendo usare lo stesso linguaggio e la stessa tecnica in voga in certi ambienti» sottolinea qualcosa. Lascio a te immaginare cosa.

    Vanno però sottolineate anche le differenze.

    Qui si espongono degli elementi che bastano da soli per concludere come concludo nel paragrafo finale del testo. L'aver lasciato il termine “nazista” è sia un gancio alla fonte originale, sia un divertissement di rimando al meme "fascisti-sfascisti" e simili.

    Il "piuacchismo" non definisce una classe di pensatori o un gruppo di persone che hanno una certa opinione su uno specifico tema (come per esempio essere no-€ e quindi essere accostati, da qualcuno, ai "fascisti"); etichetta solo una squadra di bulli.

    Con il "+H" dichiarate di avere un bastone in mano, di volerlo usare e di fare orgogliosamente parte della “razza” che discrimina una specifica categoria di persone in base agli errori ortografici. (Una specifica categoria: nemmeno c'è il pudore di far finta che c'entri davvero qualcosa un amore per l'ortografia eccessivo e pure ingiustificato, visti certi errori che gli stessi piuacchisti come te commettono).

    Questa selettiva intransigenza ortografica, usata solo per "marchiare" il "grillino" presunto analfabeta (come se fosse un tratto antropologico caratterizzante ed esclusivo), e il fregiarsi del "distintivo" +H per asserire la vostra presunta superiorità, i vostri intenti e la vostra appartenenza, vi qualificano quanto basta. (La Dottrina non l'hai stabilita tu e penso che tu sia solo un pollo finito nella rete… ma comunque vi partecipi felicemente)

    Nel paragrafo finale del testo l'invito a prendere le distanze dal "piuacchismo" è esplicito ed espliciti e spiegati sono i motivi: non c'è un tentativo d'ingannare tramite associazioni libere infondate e senza le quali non si riuscirebbe a giustificare perché mai il piuacchismo debba essere "rinnegato".

    Mi sembra che quanto ho scritto sia una argomentazione "sensata su quello che scrive @laverita3".

    Sulla tua domanda sul linguaggio violento di @laverita3: non c'è nesso tra questa domanda e il paragone tra chi usa il +H e l'"atteggiamento nazista", nel senso che la risposta, qualunque sia, non influisce minimamente sulle considerazioni già fatte.

    Per inciso, pensi che i partigiani ci andassero morbido con i nazisti? Ovviamente no. Quindi il paragone con l'"atteggiamento nazista" dà conto anche delle conseguenze, se riesci ad uscire un attimo dal personaggio piuacchista.


    3) Immagina una gigantesca esplosione che faccia saltare un edificio intero invece che il portone che si voleva far saltare e immagina il protagonista dire al compagno d'incursione: "forse hai un po' esagerato"… Il protagonista sta giustificando l'errore del bombarolo? Sarà invece ironia con la quale si vuole dire che il bombarolo ha "decisamente esagerato"?

    In ogni caso è irrilevante. Scandalizzarsi per delle "formule rituali" vuote invece di soffermarsi sul resto a me sembra superficialità. Non sono io a minimizzare: sei tu che minimizzi il senso dell'acca di cui ti fregi.


    4) Non trovi plausibile che ci sia un nesso causale tra il fatto che porti un'uniforme (l'acca) e ti compiaci di quegli sfottò (retwittando anche quelli altrui) e il fatto che qualcuno ti abbia dato della merda e dello schifoso?

    Non è anche il caso che tu rifletta un po' meglio prima di "difenderti" dicendo, in pratica, che "anche altri sono nazisti e violenti"…, quindi… tu hai buon diritto ad esserlo?

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